A Prata d'autore c'è Anilda Ibrahimi

Altro appuntamento di grande interesse per la rassegna Prata d'Autore organizzata dal Comune e Biblioteca Civica di Prata in colaborazione con Ortoteatro. Venerdì 3 Febbraio alle ore 20.30 al Teatro Pileo sarà gradita ospite la scrittrice Anilda Ibrahimi che presenterà il suo libro "Volevo essere Madame Bovary"  in una conversazione con Lucia Roman.

Anilda Ibrahimi
Anilda Ibrahimi è nata a Valona nel 1972. Ha studiato letteratura a Tirana. Nel 1994 ha lasciato l'Albania, trasferendosi prima in Svizzera e poi, dal 1997, in Italia. Il suo primo romanzo Rosso come una sposa è uscito presso Einaudi nel 2008 e ha vinto i premi Edoardo Kihlgren - Città di Milano, Corrado Alvaro, Città di Penne, Giuseppe Antonio Arena. Per Einaudi ha pubblicato anche il suo secondo romanzo L'amore e gli stracci del tempo (2009 e 2011, di cui sono stati opzionati i diritti cinematografici, premio Paralup della Fondazione Nuto Revelli). I suoi romanzi sono tradotti in sei Paesi. Nel 2012 ha pubblicato, sempre per Einaudi, Non c'è dolcezza e, nel 2017, Il tuo nome è una promessa.

Il libro
Hera torna a casa dopo tanti anni, per una fuga d'amore. Chissà cosa direbbero le sue antenate, ora che anche lei ha fatto una brutta fine come Emma Bovary: l'uomo con cui viaggia parla la sua stessa lingua ma non è suo marito. Skerd le fa sentire di nuovo che la bellezza è un rischio, il desiderio una provocazione, le donne seducenti come lei una minaccia. Certo, appartenere a qualcuno può sembrare rassicurante, ma presto si mostra per ciò che è davvero: una gabbia. E da quella gabbia, anche se dentro non si sta poi cosí male, Hera dovrà fuggire ancora una volta, come tanto tempo prima. Un'educazione sentimentale ironica e intelligente, capace di rovesciare molti stereotipi su ciò che crediamo di sapere delle donne.
Hera è nata in un Paese del socialismo reale dove la donna lavora almeno quanto l'uomo e la bellezza è una colpa, soprattutto per una ragazza ambiziosa come lei. Da piccola divorava i romanzi di Tolstoj e Balzac, in cui le eroine sono tutte fedifraghe e di solito fanno una brutta fine, ma anche tanti libri di propaganda secondo cui l'ideale femminile è sposarsi e lavorare in campagna. Hera è cresciuta cosí, in bilico tra il desiderio di diventare qualcuno e la consapevolezza di dover rigare dritto, tra la voglia di vestirsi alla moda sfidando le censure del regime e i rimproveri di nonna Asmà. Poi, un giorno, è partita per Roma. In Italia all'inizio ha sofferto, si è sentita smarrita. Insieme a Stefano però ha trovato il suo centro: è diventata un'artista, ha dei figli che ama, non ha piú avuto paura di sembrare troppo. E allora cosa ci fa a Tirana con Skerd, uno con cui non ha nulla da condividere se non il corpo? E perché insieme a lui sente pulsare cosí forte l'eco della lingua madre? Hera non è piú quella ragazzina che cercava il grande amore nel dramma e negli uomini autoritari, ma ogni cosa intorno a lei sembra volerla ricacciare di nuovo nel passato da cui è fuggita. Con la sua voce essenziale e un umorismo piú tagliente che mai, Anilda Ibrahimi ha scritto un romanzo sulle insidie dell'appartenenza e della memoria, sui modelli femminili da incarnare e ribaltare, sull'importanza di rimanere fedeli a ciò che siamo diventati quando il tempo insiste per riportarci indietro.